XXV domenica TO

21 settembre 2014
XXV domenica del TO
Is 55,6-9 ; Sal 144(145) ; Fil 1,20-24.27 ; Mt 20,1-16
In questa 25 domenica del tempo ordinario, Pasqua della settimana, la Parola di Dio ci stimola a rivedere il nostro sguardo sul mondo e sugli uomini.
Penso di non sbagliare se dico che ognuno di noi ha giudicato il padrone di quel campo come ingiusto. Possibile che a chi lavora tutta una giornata spetta lo stesso stipendio di chi lavora un ora soltanto?  Ma cosa è la giustizia? La giustizia di Dio è la stessa giustizia degli uomini? L’uomo può praticare una giustizia giusta? Mi sa che si tratta dei domande a cui non possiamo dare una risposta in questo momento. Vi invito però a pensarci. Tornando al brano evangelico. Quel padrone risponde correttamente alla fine della parabola: “io non ti faccio un torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.  Effettivamente l’accordo dei lavoratori della prima ora è stato mantenuto, non c’è stato nessun torto, potremmo dire che nessun sindacato potrebbe vincere una causa contro questo datore di lavoro. Il problema quindi non è una questione burocratica.  L’attenzione sembra spostarsi dalla giustizia alla bontà. Quale è la bontà di questo padrone, o meglio, quale è il germe del gesto di bontà di questo signore? “Nessuno ci ha presi a giornata”, è la risposta degli ultimi cinque alla domanda “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Non si tratta quindi di fannulloni che cercano il modo di svicolare il lavoro, ma di uomini di buona volontà, disposti a lavorare tutto il giorno ma che nessuno ha scelto. La bontà di questo padrone viene stimolata dalla volontà di questi uomini di poter essere utili a qualcuno. Proviamo a chiederci che valore ha la volontà per noi oggi? Immagino che qualcuno sta pensando che la volontà da sola non basta. È vero, condivido, ma se non c’è la volontà non si può fare molto.
Uscendo dalla parabola. Alla fine di cosa si sta parlando? Si parla della fede e delle buone opere. Il solito problema: Anche il ladrone sulla croce è stato salvato, in extremis, è un operaio dell’ultimissima ora potremmo dire; allora che senso ha trascorrere tutta la vita nel cercare il più possibile di rispettare i comandamenti del Signore quando potrei vivere facendo tutto quello che voglio e poi all’ultimo chiedere perdono e convertirmi, se così posso dire? Io ribalto la domanda: e chi dice che noi, io siamo lavoratori della prima ora? Magari già ora siamo lavoratori dell’ultima ora, quando il Signore mi chiama a far parte dei suoi operai è il momento di rispondere. La seconda chiamata potrebbe già essere tardi o non arrivare mai! È come la parabola del padre misericordioso: dal momento in cui il Signore ci chiama, e per noi è il momento del battesimo, noi abbiamo a disposizione tutto ciò che è del padre. Ma quanto siamo fortunati noi ad avere tutto questo senza andare a cercarlo. Non ce ne rendiamo neppure conto!
Nella prima lettura abbiamo sentito: “Cercate il Signore mentre si fa trovare”. Ecco, è proprio questo che ho cercato di dire un attimo fa. Non rimandiamo mai la nostra risposta positiva alla domanda, il Signore ti sta chiamando in questo memento, non perdere il treno. Questo è il momento giusto per ritornare a lui, non importa se è la prima o l’ultima ora della giornata. Fortuna che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri e che i suoi pensieri sovrastano i nostri come il cielo sovrasta la terra. Provate ogni tanto a farvi questa domanda: se Dio mi giudicasse come io giudico gli altri che ne sarebbe di me? Se la bontà di Dio nei miei confronti fosse la mia stessa bontà, quella che io uso nei confronti degli altri, che ne sarebbe di me?
Signore, tu il giusto, alimenta in me un senso di giustizia sempre più simile al tuo.
Signore, tu il buono, accresci in me la bontà affinché possa giorno dopo giorno testimoniarti ai fratelli.

Amen.

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