Testimoni dell'Amore
7 ottobre 2012
XXVII domenica T.O. - B
Gen
2,18-24 ; Sal 127(128) ; Eb 2,9-11 ; Mc 10,2-16
In questa 27 domenica del tempo
ordinario, pasqua della settimana, la parola di Dio ci interroga sul nostro
rapporto con Dio.
L'immagine del bambino che Gesù oggi ci propone, ci riporta immediatamente al tema
della figliolanza.
Quanto ci sentiamo figli di
Dio? E quali sono le caratteristiche del figlio?
Il figlio è colui che dipende in tutto e per tutto dal padre e
dalla madre, non per sottomissione, ma per spirito di sopravvivenza. Senza
qualcuno che gli dà da mangiare, senza qualcuno
che lo cura quando è ammalato, senza qualcuno
che lo ama, il bambino muore.
Ma d'altra parte, il bambino è anche colui che si fida dei genitori. Senza questa
fiducia non potrebbe mettersi ciecamente nelle loro mani.
Allora la riflessione personale
si inserisce proprio a questo punto. Riesco a mettermi nelle mani di Dio
proprio come un bambino si mette nelle mani della sua mamma? E provate a
pensare a tutte le conseguenze di questa fiducia. Anzitutto riconoscere che ho
ancora molto da imparare e che in questo momento della mia esistenza non posso
neppure comprendere tutto ciò che
vorrei, non ne ho ancora tutte le capacità.
Poi sarebbe bello aprirsi nell’incontro
con gli altri e non arroccarsi sulle proprie idee, il bambino infatti chiede in
continuazione il perché delle cose, vuole capire, vuole
crescere.
Ma c’è
una questione molto più profonda
da prendere in considerazione: la questione dell’amore.
L’uomo
senza amore non può vivere. Nel 1200 l’imperatore Federico II ha fatto un esperimento con
dei trovatelli di strada, alcuni li ha fatti crescere come ogni bambino, altri
invece li ha fatti crescere dando alle balie l’ordine
di non mostrare nessun segno di affetto verso i bambini ma garantire loro solo
i bisogni primari: la pulizia, il cibo, l’acqua.
Ebbene i primi, sono cresciuti normalmente, i secondi in vece si sono lasciati
morire. Senza l’amore l’uomo non può
vivere.
Ecco perché
Gesù insiste tanto sul
matrimonio. Il matrimonio è il sacramento
dell’amore tra un uomo e una
donna. E proprio perché si tratta di un sacramento è partecipazione al corpo di Cristo, morto e risorto.
Ed essere partecipazione del corpo di Cristo morto e risorto significa essere
parte dell’Amore trinitario. Ecco perché è così
importante che i due diventano una carne unica. È
segno forte del desiderio di ritornare all’origine
prima che l’uomo e la donna fossero due
corpi distinti. È il mito della Genesi che da
o rida significato alla nostra esistenza. Gesù
ci vuole riportare all’origine
delle cose perché possiamo sperimentare il suo amore di
quell’amore vivere le nostre
relazioni. In questo senso acquista significato anche il celibato in quanto
testimonianza profetica dell’amore
esclusivo per Dio. Che poi è lo stesso
amore che i coniugi testimoniano insieme.
Signore Gesù è difficile
per noi oggi riuscire a comprendere il vero amore che ti unisce al Padre.
Aiutaci di fare esperienze vere e sane di amore reciproco perché possiamo almeno in parte sperimentare cosa significhi amare
e lasciarsi amare.
Spesso e volentieri ci
comportiamo nei tuoi confronti come ragazzini adolescenti capricciosi che si
ribellano al volere di coloro che li amano. Padre santo avvolgici con la tua
pazienza e la tua misericordia affinché
possiamo accorgerci del tuo Amore che instancabilmente ci doni.
Tutti noi siamo chiamati ad
essere testimoni di questo tuo amore. Manda il tuo Spirito affinché i nostri cuori non si lascino illudere dai
sentimenti di benessere ma possano tendere al raggiungimento del tuo Amore di Padre.
Amen
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