Il governatore che abbiamo sempre desiderato
20 novembre 2016
Cristo, Re dell’universo
2Sam 5,1-3 ; Sal 121(122) ;
Col 1,12-20 ; Lc 23,35-43
Eccoci arrivati all’ultima
domenica di questo anno liturgico.
Le ombre della notte sembra che
prendano sempre più possesso della giornata. Il tempo nuvoloso e piovoso di
questi giorni aumenta le sensazioni negative. Quando ormai tutto sembra star
per finire, la liturgia ci pone una solennità tutta particolare: Cristo, Re
dell’universo. Il problema è che se ci addentriamo un po’ in questa solennità
ci accorgiamo che di primo impatto sembra aiutarci a sprofondare anziché
risollevarci. Il Vangelo che abbiamo appena proclamato infatti ci presenta la
morte di Gesù. Un’altra fine che si delinea all’interno di questa giornata.
Allora come la mettiamo?
È come una lunga notte passata
nell’attesa di un giorno che pare non arrivare più. Ma ad un tratto, senza
preavviso scorgi i primi bagliori dell’aurora e tutto rinasce. Sul calvario
tutto sembrava prendere una brutta piega: gli amici lo hanno abbandonato, il
respiro ormai svanisce, le folle che lo osannavano ora lo insultano ma “oggi con me sarai in paradiso”. Quell’oggi è l’aprirsi di una nuova
prospettiva nascosta agli occhi dell’uomo. Quell’oggi è l’inizio di un nuovo giorno che non avrà mai fine. Quell’oggi è l’avverarsi di un desiderio che l’uomo
di sempre nasconde nel suo cuore.
Ogni uomo, fin dall’antichità ha
desiderato tanto una divinità alla quale riferirsi e nella quale trovare speranza.
Fino a 2000 anni fa questo Dio stava nei cieli e, benché mostrava attenzioni
verso l’uomo, ne stava molto distaccato. Con la nascita di Gesù, Dio è entrato
nella vita degli uomini e ne ha condiviso ogni momento dell’esistenza. Questa è
la festa di oggi: un dominatore che entra nella quotidianità dei suoi sudditi e,
proprio per questo suo venire nella storia, diviene a sua volta un Padre che
educa i propri figli.
Sono giorni in cui, a causa del
referendum, sentiamo parlare parecchio di politici. Sulla bocca di tanti si
sente spesso dire: “cosa vuoi che ne sappiano loro che stanno a Roma di quello
che serve a noi qui”. In altre parole ciò che noi vorremmo è un governatore
vicino alla sua gente che conosca ogni bisogno e abbia fatto le stesse
esperienze che facciamo noi. Ecco, Dio, in Gesù di Nazareth, ha fatto proprio
questo. Ha abbandonato le schiere celesti, ha abbandonato il suo “Olimpo” e ha
condiviso ogni momento dell’esistenza umana, dalle gioie ai dolori fino alla
morte. Ora non abbiamo più la possibilità di dire che non ci capisce perché non
ha provato!
Gesù Cristo è il nostro Re e ci
invita a vivere nel suo Amore, quell’Amore che lo ha fatto nascere in una
stalla, quell’Amore che lo ha fatto fuggire in Egitto per non essere ucciso, quell’Amore
che lo ha fatto vagare per la Palestina senza una dimora fissa, quell’Amore che
lo ha portato sulla croce per spalancarci la porta dell’eternità. Che lo
vogliamo o no siamo chiamati anche noi a vivere di questo amore, con le gioie e
i dolori di questa vita ma con la certezza di varcare quella soglia invisibile
ma necessaria che Lui stesso ci ha spalancato sulla croce.
Cielo e terra sulla croce si sono
uniti come era avvenuto a Betlemme. Nella notte di Natale affinché Dio potesse
raggiungerci; nella notte di Pasqua affinché noi potessimo raggiungere Dio.
Maria madre dei credenti possa
aiutarci a sostare con Lei sotto questa croce, simbolo del dolore e allo stesso
tempo della speranza.
Signore Gesù, dalla croce ci hai
spalancato le porte del tuo Regno ma quanta fatica facciamo a scorgerne la sua
presenza. Manda il tuo spirito affinché i nostri cuori possano desiderare di
incontrare il tuo volto.
Padre misericordioso, il tuo
silenzio su quella croce è stato segno della tua reale presenza, impotente e dolorosa.
Accompagna i nostri passi giorno dopo giorno e fa che possiamo percepire il tuo
esserci nonostante le nostre fatiche nel riconoscerti.
Amen.
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