L’Amore nelle scelte ordinarie

 

27 settembre 2020

XXVI Domenica TO – A

Ez 18,25-28 ; Sal 24(25) ; Fil 2,1-11 ; Mt 21,28-32


In questa 26 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci riporta ad alcuni atteggiamenti quotidiani e ci interroga sul come li compiamo.

Ogni nostra azione, ogni nostra scelta, ogni nostra parola sono segni di una relazione con qualcuno.

Nel Vangelo ci viene descritto l’atteggiamento di due fratelli nei confronti di loro padre. L’uno sembra non rispettare la volontà del padre ma poi si pente e va a fare ciò che gli è stato chiesto; l’altro a parole sembra tutto obbediente ma la realtà esprime un completo disinteressamento per il padre.

Quel pentimento che ha portato il primo figlio a ritornare sui suoi passi è segno di un interesse nel mantenere una buona relazione con il padre.

Per tornare sui propri passi è necessario un atto di umiltà, è necessario riconoscere i propri limiti ed è necessario riconoscere che qualcun altro, in questo caso il padre, mi sta offrendo qualcosa di buono per la mia crescita; il lavoro nella vigna non era certo per un vizio o per un divertimento del padre, si trattava di un qualcosa che avrebbe portato sostentamento per tutta la famiglia e quindi anche a lui.

Certo lavorare nei campi costa fatica, sudore, meglio uscire con gli amici, meglio fare una partita di calcio o andare al cinema … ma poi le lasagne nel piatto come le metto ai miei figli, ai miei fratelli?

Il Vangelo oggi ci chiama quindi ad una conversione di sguardi e quindi di vita. Quello che reputiamo un peso forse può divenire un’opportunità. Convertire i nostri sguardi significa imparare a fidarsi di Dio; significa imparare a vedere il mondo con i suoi occhi; significa scorgere l’ordinarietà di piccoli gesti d’amore. Scopriremo così che questo sguardo ci aiuta ad affrontare le fatiche con una energia nuova. Faccio un piccolo esempio: se la mamma mi chiede di togliere i panni dalla lavatrice potrei sentirlo come un peso o come del tempo rubato ai miei divertimenti; ma se lo vivo come un gesto d’amore nei confronti della famiglia … beh avrò una energia diversa nel compierlo e non mi sembrerà più un peso ma un’opportunità.

San Paolo calca la mano fin quasi all’estremo: “… ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù…”.

Gesù ha abbandonato il suo trono divino per mescolarsi umilmente alle sue creature. Paolo ci chiede di scendere dai nostri piedistalli per guardare gli altri negli occhi, per amarli nei piccoli gesti umili che l’ordinarietà delle nostre giornate ci porta a vivere. Questo significa non spaventarsi di soffrire ma, conformandoci agli insegnamenti di Gesù, andare incontro anche alla “morte ed alla morte di croce” umiliandoci nel considerare gli altri superiori a noi stessi.

Una meta lontana!

Ma la questione principale a mio parere è:

Voglio raggiungere questa meta?

Voglio conformare la mia vita alla vita di Gesù Cristo?

Voglio mantenere a pieno regime la mia relazione con il Padre?

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