COERENZA per dire UNITA'


20 maggio 2012 
Ascensione del Signore
At 1,1-11 ; Ef 4,1-13 ; Mc 16,15-20
Oggi, a 40 giorni di distanza dalla Pasqua, facciamo memoria del momento in cui Gesù sale al cielo. L’ascensione, così chiamiamo questo evento, è il momento in cui ai discepoli viene chiesto lo sforzo di svegliarsi. Infatti, se fino a quel momento Gesù stava accanto a loro e loro potevano vederlo e ascoltare i suoi consigli né più né meno come prima della sua passione e morte, ora viene chiesto loro uno sforzo notevole. È il richiamo degli uomini in bianche vesti: «Perché state a guardare il cielo?». Quasi a dire uscite dal sogno e rivolgetevi alla realtà delle cose. Ora dovete mettervi in cammino verso tutti coloro che non hanno conosciuto quel Gesù che voi state a contemplare ormai sparito dai vostri occhi. 
Certo si potrebbe ribattere: Come possiamo portare Gesù agli altri se non è più neppure con noi? 
Questo è ciò che normalmente ribattiamo anche noi. Proviamo a pensare a quante volte abbiamo detto: Per chi ha vissuto con Gesù è stato facile credere e seguirlo, ma per noi … non vediamo, non tocchiamo, non sentiamo … !
In realtà anche per gli apostoli non è stato facile, basterebbe leggere i vangeli e le lettere per accorgersene. 
Come è possibile testimoniare, portare agli altri qualcuno che non possiamo vedere né toccare né sentire? 
L’ascensione è proprio il momento in cui Gesù rende tutto questo possibile. Risalendo al cielo infatti Gesù ritorna nella sua condizione originaria. Trascende, va oltre il tempo e lo spazio. Per capirci. Fin quando ha poggiato i suoi piedi su questa terra poteva stare solo con coloro che vivevano in Palestina nel suo tempo, non solo. Poteva stare con coloro che passeggiavano con Lui. Ora, uscendo dalla condizione di spazio e di tempo, può stare con tutti gli uomini di tutti i tempi nel medesimo istante. Noi sappiamo che Gesù è in questa chiesa in questo momento, ma sappiamo che è anche a Roma con chi sta celebrando la messa in piazza san Pietro. Ma è anche in Australia e in America e in Norvegia. E non solo in questo momento ma anche tra mezzora o il mese scorso. 
Ecco la grandezza e la realtà dell’unità predicata da San Paolo nella lettera agli Efesini. In Cristo siamo tutti uno perché Lui è uno in tutti.
Finché siamo divisi in noi non possiamo dare buona testimonianza dell’unità che la Chiesa ha in Cristo. Questa solennità ci prepara al grande passaggio: il Dio-con-noi, quel Dio che ha passeggiato accanto a noi per le strade del mondo, si prepara ad essere il Dio-dentro-di-noi. 
Sarà con lo Spirito che Dio abiterà dentro di noi, lo vedremo nel giorno di Pentecoste Oggi alimenta la nostra curiosità affinché quando sarà il momento possiamo accoglierlo a braccia aperte. 
Dobbiamo stare attenti, proprio noi che ci diciamo cristiani corriamo il rischio di dare tutto per scontato e quindi non accogliere la sua presenza in noi o di non darle lo spazio che merita. Mi faccio sempre un'esame di coscienza profondo quando sento la questione dei segni che accompagnano coloro che credono: «nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno mani ai malati e questi guariranno». Quanti cristiani fanno almeno uno di questi segni? pochissimi, io ho difficoltà anche solo a parlare l'inglese, immaginiamo tutto il resto! 
Signore Gesù la mia fede è molto piccola, aiutami ad alimentarla, ad accrescere la mia povera fiducia in Te che dentro di me vuoi fare cose grandi.
Le mie azioni, le mie parole, i miei pensieri sono sempre troppo rivolti su di me, aiutami a lasciare spazio alle ispirazioni dello Spirito, aiutami a divenire sempre più uno strumento prezioso nelle tue mani.
La tua presenza in me sia fonte di energie nuove; la tua presenza in me sia portatrice dell'unico bene; la tua presenza in me sia forza generatrice di Amore.
Amen.

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