Perdere la testa per Amore!
26 agosto 2012
Solennità di
S. Alessandro martire,
Patrono della
città
e diocesi di
Bergamo
1Mac 2,49-52.57-64 ; Sal
125 ; Fil 1,27-30 ; Gv 15,9-16
Quest'oggi la nostra
diocesi è in festa per la solennità del suo santo patrono. Ma chi è
questo Alessandro e perché è importante oggi ricordarlo?
Alessandro è raffigurato
tradizionalmente in veste di soldato romano con un vessillo recante
un giglio bianco. Il vessillo sarebbe stato quello della Legione
Tebea (legione romana composta secondo la leggenda da soldati
egiziani della Tebaide) comandata da s. Maurizio nella quale
Alessandro sarebbe stato, secondo gli Atti del martirio, comandante
di centuria (cioè di 100 uomini). La legione romana, utilizzata in
prevalenza in oriente, venne spostata nel 301 in occidente per
controbattere gli attacchi dei Quadi e dei Marcomanni. Durante
l'attraversamento del Vallese alla legione fu ordinato di ricercare i
cristiani contro i quali era stata scatenata una persecuzione. I
legionari, cristiani a loro volta, si rifiutarono e per questa
insubordinazione vennero puniti con la decimazione eseguita ad
Agaunum (oggi S. Moritz). La decimazione consisteva nell'uccisione di
un uomo ogni dieci. Al perdurare del rifiuto dei legionari di
perseguitare i cristiani, fu eseguita una seconda decimazione e
quindi l'imperatore ordinò lo sterminio. Pochi furono i superstiti,
tra cui Alessandro, Cassio, Severino, Secondo e Licinio che si
rifugiarono in Italia. A Milano Alessandro fu però riconosciuto e
incarcerato perché rifiuta di rinnegare la propria fede. In carcere
riceve la visita di s. Fedele e del vescovo s. Materno. Proprio s.
Fedele riesce a organizzare la fuga di Alessandro, che si rifugia a
Como, dove però fu nuovamente catturato. Riportato a Milano fu
condannato a morte per decapitazione, ma durante l'esecuzione ai boia
si irrigidivano le braccia. Fu allora nuovamente incarcerato. Riuscì
nuovamente a fuggire e raggiunse Bergamo passando per Fara Gera
d'Adda e Capriate. A Bergamo fu ospitato dal principe Crotacio, che
lo invitò a nascondersi, ma Alessandro iniziò a predicare e a
convertire molti bergamaschi, tra cui i martiri Fermo e Rustico. Fu
perciò scoperto e nuovamente catturato, la decapitazione venne
eseguita pubblicamente il 26 agosto 303 nel luogo ove oggi sorge la
chiesa di S. Alessandro in Colonna. Probabilmente Alessandro fu
effettivamente un soldato romano, originario o residente a Bergamo,
torturato e ucciso per non avere rinunciato alla propria fede
cristiana.
Questa è la storia mista
a leggenda, ma in qualsiasi modo siano avvenuti questi fatti lontani
nel tempo, a noi oggi cosa insegnano?
Anzitutto la tenacia con
cui questi uomini hanno mantenuto fede a Dio. Mi chiedo se io fossi
stato in quei panni cosa avrei fatto! Cosa avremmo fatto noi che a
volte ci vergogniamo così tanto di mostrarci credenti nelle piccole
attività quotidiane, dove nessuno ci condanna a morte; certo, magari
qualcuno ci prende in giro ma cosa è questo rispetto alla certezza
di perdere la vita?
Personaggi come
Alessandro ci danno una scossa, ci mettono in discussione, ci aiutano
a interrogarci su quanto la nostra fede sia profonda e veritiera.
Il Signore Gesù, lo
abbiamo sentito nel Vangelo, ci chiama amici. Ma oi dei nostri amici
ci vergogniamo? Lui non si vergogna di noi nonostante spesso lo
rinneghiamo. E noi come alimentiamo questa amicizia?
Abbiamo mai tentato di
parlare di quanto è bello stare con Lui?
In che modo testimoniamo
la nostra fede? Arrabbiandoci con i nostri ragazzi perché non ne
vogliono più sapere delle nostre tradizioni (spesso vissute in
maniera bigotta) o dicendo con la nostra vita la gioia di aver
incontrato un amante, qualcuno senza il quale non possiamo vivere?
S. Alessandro non era un
prete e neppure un religioso consacrato. Era un laico come la maggior
parte dei cristiani.
La Chiesa non si salva
per la fede di pochi preti ma per l'amore di tanti cristiani che
testimoniano il loro credo ai loro figli. La Chiesa di Bergamo pone
le sue fondamenta su un laico, è interessante! Tutti prima di essere
papà, mamme, preti, suore, vescovi ... tutti prima di tutto siamo
cristiani, battezzati in Cristo. È questo il solo motivo per cui
nella nostra esistenza dobbiamo (o dovremmo) predicare la buona
notizia dell'incontro con Dio. Ma non a parole, solo ed
esclusivamente con la nostra vita, con il modo in cui compiamo ogni
nostra azione quotidiana, con il modo in cui prendiamo le nostre
scelte, con il modo con il quale passeggiamo per le vie del nostro
paese.
Per testimoniare l'Amore
di Dio non è necessario aver fatto grandi scuole, è invece
indispensabile lasciarsi amare da Lui e allargare il proprio cuore
verso tutti i fratelli che incrociamo per via.
Amen
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