Omissioni: brutta faccenda!

25 settembre 2016
XXVI domenica TO – C
Am 6,1a.4-7 ; Sal 145(146) ; 1Tm 6,11-16 ; Lc 16,19-31
In questa 26 domenica del tempo ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci aiuta a renderci conto di come la fede non può essere un elemento vaporoso, senza una reale incidenza nella vita storica concreta.
Molti cristiani dicono “Io del male non ne faccio a nessuno!” La parola di Dio oggi ci dice che il problema reale non è il male che non si fa ma il bene che viene tralasciato!
In quell’orgia di dissoluti, che tanto viene criticata nella prima lettura, ci siamo anche noi che non muoviamo un dito nei confronti di chi ha bisogno di noi.
La prima lettura parla di un paese che ha raggiunto un notevole lusso abitativo (“letti d’avorio e divani”), notevoli tecniche di allevamento seriale (“mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla”), si sono raffinati nell’arte e nella musica (“come Davide improvvisano su strumenti musicali”), hanno una maggiore estetica anche nel nutrisrsi (“bevono il vino in larghe coppe”), per non parlare della cura compiaciuta della loro immagine (“si ungono con gli unguenti più raffinati”); è la società del benessere, è una società che ha raggiunto l’autonomia e che può dedicarsi alla cura dei particolari inutili dell’esistenza. È la nostra società, non l’avete notato? Che cosa critica il profeta a questa società? Di non rendersi conto che qualche km più a nord di loro ci sono dei fratelli Israeliti che vivono nella miseria (“la rovina di Giuseppe”).
Quando siamo troppo occupati a guardare il nostro ombelico, non ci accorgiamo di tutto quello che capita attorno a noi. Non basta non far del male agli altri, perché questo significa stare comodi sulle proprie poltrone o in una SPA quando un fratello non ha neppure garantito un pasto al giorno.
È ciò che Gesù mette bene in evidenza con il racconto del ricco epulone e del povero Lazzaro. È una storia che conosciamo tutti, è una storia che dovrebbe farci pensare! Quel ricco non si è mai preoccupato di nulla, le sue preoccupazioni cominciano quando cade in basso, quando seduto negli inferi vede Lazzaro lontano da lui seduto accanto ad Abramo. È allora che rinsavisce e tenta il tutto per tutto. Non dobbiamo attendere di essere disperati per renderci conto che il mondo non gira attorno a noi! Infatti quel ricco, di cui non conosciamo il nome perché possiamo metterci il nostro nome, inizia ora a vedere Lazzaro ed implora che questi possa portargli un po’ di refrigerio. Si tratta di una richiesta assurda perché lui ha già goduto dei suoi beni così come Lazzaro ha gia goduto dei suoi mali quindi ora Lazzaro ha diritto alla consolazione e il ricco hai suoi tormenti; è solo ora che il ricco pensa ai suoi fratelli e chiede che Lazzaro possa avvertirli perché non facciano la sua stessa fine ma … la risposta di Abramo è chiara, “hanno Mosè e i profeti ascoltino loro”; il ricco non si da per vinto e fa una terza richiesta che presuppone che Mosè e i profeti non bastino per credere, chiede che Lazzaro possa farsi testimone credibile di ciò che accade dopo la morte ma chiaramente la risposta è irrevocabile: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”.
Quante volte anche nel nostro mondo mi sento dire “beh 2000 anni fa hanno avuto fortuna: hanno incontrato Gesù, hanno visto i miracoli, lo hanno visto risorto …” Io rispondo che di quelli che hanno visto tutte queste cose solo un numero microscopico ha creduto, quel piccolo numero che ha creduto nelle parole di Mosè e dei profeti. Noi abbiamo a disposizione ben più dei profeti, all’Antico Testamento abbiamo aggiunto il Nuovo Testamento che illumina con la Risurrezione di Cristo tutto ciò che era già stato detto. Dobbiamo innamorarci della scrittura, attingere ogni giorno alla sua saggezza perché solo così possiamo trovare la forza di vedere quali e quanti bisogni oggi ci sono nel mondo molto vicino a me. Nel confesso diciamo “ho molto peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni” ecco sono proprio queste ultime che devono preoccuparci più di tutto. Chiediamo al Signore che in questa settimana ci faccia spalancare gli occhi e ci faccia meditare non solo sul nostro ombelico ma allargando il nostro orizzonte possa ognuno di noi scorgere il fratello bisognoso e udire il grido che chi ci urla “ho fame, ho sete”. La Parola seminata in ognuno di noi possa far nascere nuovi fiori e nuovi frutti di Carità.

Amen

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