DNA dell'Amore: la provvidenza

26 febbraio 2017
VIII domenica TO – A
Is 49,14-15 ; Sal 61(62) ; 1Cor 4,1-5 ; Mt 6,24-34
In questa VIII domenica del tempo ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci invita a riflettere sul cuore del nostro essere cristiani, sul DNA delle nostre azioni.
Il brevissimo brano della prima lettura ci riporta le lamentazioni degli uomini di ogni tempo. C’è forse qualcuno tra noi che non si è mai lamentato con Dio? Che non si è mai sentito abbandonato, dimenticato? L’uomo per sua natura in certe situazioni molto critiche si chiede dove è Dio. Non dobbiamo vergognarcene. Per mezzo del profeta Isaia Dio risponde a questa domanda, sta parlando ad un popolo in esilio, lontano dalla propria terra, lontano dall’unico luogo in cui potevano adorare il proprio Dio, il tempio di Gerusalemme, sottomessi in terra straniera si lamentano con Dio e chiedono quando tutto questo potrà finire. Dio parla loro per mezzo del profeta e dice che come una mamma non può dimenticarsi del proprio figlio, neppure Dio li dimenticherà, e anche se nel mondo ci fossero delle mamme snaturate che si dimenticassero dei loro figli, dice Dio “io non ti dimenticherò mai”. È una affermazione molto forte che dona speranza al credente. Quella speranza che ci aiuta a superare le fatiche di ogni giorno. Ed è proprio in questa direzione che il brano del vangelo prosegue. Gesù sa che l’uomo di ogni tempo si affanna per tante cose, la maggior parte inutili. Gesù ci invita a tenere lo sguardo fisso al cuore delle azioni del credente.
Quale deve essere la prima preoccupazione di un credente? Forse il cibo? Forse il vestiario? Forse la propria vita o il proprio corpo? No dice Gesù, la prima e più importante delle preoccupazioni è “il Regno di Dio e la sua giustizia”. Quanti di noi pensano alla realizzazione del Regno di Dio? Quanti tra noi ogni giorno si preoccupano affinché il Regno di Dio possa essere visibile tra gli uomini?
Quando i grandi santi, pur non avendo nulla a disposizione, davano ospitalità agli orfani, ai malati, agli abbandonati, ai profughi, potevano contare solo sulla provvidenza di Dio. Un don Giuseppe Cottolengo, un don Giovanni Bosco, una Madre Teresa, un fr. Rogers e quanti altri si rifugiavano nella preghiera per trovare riposo dalle tante fatiche del giorno appena passato e invocavano l’aiuto di Dio affinché il giorno successivo potessero dare almeno un piatto di riso o di patate o un pezzo di pane ai loro rifugiati!
Oggi ci affanniamo per il domani e ci dimentichiamo di vivere il presente. Pensiamo a rendere il domani migliore dell’oggi ma non godiamo la gioia del presente. Il Regno di Dio è nell’oggi che ti viene donato, perché il giorno che stai vivendo è un presente da ammirare e di cui godere.
Quando dico che il mio interesse primario come prete e ancor più come parroco è quello di aiutarvi e aiutarmi a riconoscere il regno di Dio tra noi, e quindi a crescere nella fede e nell’amore reciproco, e aggiungo che tutto il resto è di più, che l’oratorio è di più, che le feste e i bagordi sono di più, non dico che tutte queste cose sono inutili e devono finire, ma semplicemente che davanti a queste devo trovare “il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. È ciò che Gesù oggi ci consegna ed è ciò che come credenti dobbiamo perseguire giorno dopo giorno.
Signore Gesù donaci di riporre le nostre speranze unicamente nella tua provvidenza, aiutaci ad abbandonare l’affanno per il futuro per accogliere questo presente che ogni giorno gratuitamente metti nelle nostre mani. Donaci occhi limpidi per riconoscere la presenza del tuo Regno nel nostro mondo e concedici un cuore sempre più puro per vivere in armonia con te e con i fratelli mostrando così ai più scettici la tua viva presenza accanto a noi.

Amen

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