Nelle viscere del cuore di Dio


15 settembre 2019
XXIV domenica TO – C
Es 32,7-11.13-14 ; Sal 50(51) ; 1Tm 1,12-17 ; Lc 15,1-32 (15,1-10)
In questa 24^ domenica del tempo ordinario, pasqua della settimana, la liturgia della Parola ci permette di entrare nel cuore di Dio per meditarne il movimento più intimo.
Le conosciamo bene queste parabole della misericordia che l’evangelista Luca ci regala: la pecora smarrita, la dramma perduta, il figlio prodigo (o Padre misericordioso).
Ma cos’è questa misericordia? E perché ha a che fare con il cuore di Dio?
Ho spulciato il dizionario etimologico della lingua italiana e ho trovato queste definizioni:
MISERICORDIA: sentimento per il quale la miseria altrui tocca il nostro cuore.
MISERIA: ha a che fare con misero
MISERO: significa infelice, sventurato; che desta compassione.
COMPASSIONE: è il moto dell’animo che ci fa sentire dispiacere o dolore dei mali altrui, quasi soffrissimo noi.
La mia riflessione inizia proprio da qua: perché Dio ha desiderato mostrarsi come colui che mostra compassione per l’umanità? Non poteva starsene seduto sul suo trono regale e con un gesto della mano eliminare ogni sorta di dolore nel creato? Perché ha voluto farsi partecipe dei sentimenti più dolorosi di ogni uomo?
Non so se avremo mai risposte esaustive a questi interrogativi … Eppure Dio si manifesta come colui che, disperato si mette a cercare quell’unica pecora e non si da pace finché non l’ha trovata; come colui che smonta tutta la casa per trovare quell’unica piccola moneta, quel piccolo centesimo per poi fare festa con i suoi amici e spendere molto più del valore della moneta trovata …
Ma colui che agisce in questo modo non è certo un essere razionale!
Cos’è che muove queste gesta sconsiderate?
Io personalmente conosco un’unica risposta, e per quel che vale a me basta, non so se basta anche a voi: l’Amore.
L’Amore di Dio per ogni singolo uomo (lascia le novantanove per cercare l’unica dispersa); quell’amore che lo “costringe” a lasciare libero il proprio figlio che chiede la sua parte di eredità pur sapendo che andrà allo sbando; quell’amore che lo tiene sveglio giorno e notte nell’attesa che questo figlio torni a casa … appunto torni a casa, non va a prenderlo per sgridarlo, non muove un dito per farlo ricomparire in casa come se nulla fosse successo (lui è Dio potrebbe fare anche questo) ma ci lascia la libertà di scegliere e quindi anche di fallire e di buttare via la nostra vita o di portarla a compimento … è il gioco della libertà, coni suoi rischi e le sue possibilità!
E Dio, come Padre premuroso, si addossa tutte le sofferenze di questa libertà!
Potremmo pensare che è un modo di dire, infondo quando dico che provo compassione per un sofferente, io immagino le sue sofferenze, non le sperimento sulla mia pelle, gli sono vicino ma … i dolori del morente non li provo io, i dolori della fame e della sete o di un cancro che ti consuma da dentro … li sperimenta solo colui che è intaccato da questi mali, chi sta loro vicino e prova compassione … immagina ma …
Per non farci cadere in questo pericoloso pensiero Dio si è incarnato e ha sperimentato lo straziante dolore di una persecuzione fisica che lo ha portato ad una morte per asfissia sulla croce dopo una flagellazione disumana …
Ecco cosa significa che Dio ha preferito la misericordia alla magia; che ha preferito la compassione alla finzione!
Signore Gesù nel nostro mondo siamo sempre più assuefatti alle immagini del dolore; film, telegiornali, romanzi, media … trasformano la sofferenza in spettacolo da vendere ed il nostro cuore non sente più dolore per ciò che gli occhi vedono, ma quel che più è peggio è che con troppa facilità non riusciamo più a distinguere la realtà dalla fantasia. Aiutaci a diventare di nuovo un po’ più umani, aiutaci a sentire il cuore del nostro vicino piangere di dolore, insegnaci la via della compassione per tentare un poco di più a vivere nella tua misericordia.
Amen

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