Tendi la tua mano
15 novembre 2020
XXXIII Domenica TO – A
Pr 31,10-13.19-20.30-31 ;Sal 127(128) ;1Ts 5,1-6 ; Mt 25,14-30
Secondo la narrazione della parabola questo Signore conosce
proprio bene i suoi servi al punto tale che pare imparziale nell’affidare i
suoi averi, in realtà affida a ciascuno ciò che è in loro potere gestire.
A volte noi ci scoraggiamo nel guardare gli altri più bravi
di me a fare tante cose, più belli di me, più portati nello sport, più … ma non
ci accorgiamo che anche noi abbiamo delle capacità, delle doti, delle qualità
che ci calzano proprio a pennello.
Faccio un esempio banale ma che può aiutarci a comprendere.
Provate a pensare che un delfino passasse la sua vita a guardare i gabbiani
volare sopra di lui e a lamentarsi perché pur saltando alto sull’acqua non gli
è mai riuscito di spiccare il volo come qui gabbiani; o se un elefante si
lamentasse per non riuscire a correre veloce come una gazzella … ma ciascuno ha
delle doti che gli altri non hanno!
Queste doti che ci sono state affidate sono un po’ come dei
preziosi gioielli che non dobbiamo vergognarci di indossare. Cosa se ne farebbe
una regina di una corona se si vergognasse di indossarla in pubblico? Cosa ne
farebbe una donna di una preziosa collana o un uomo di un elegante orologio se
si vergognassero di indossarli in pubblico o se per paura tenessero questi
preziosi gioielli rinchiusi in una cassaforte in banca?
Un gioiello c’è per essere esposto in bella vista, affinché
tutti possano ammirarlo.
Ciascuno di noi ha delle doti preziosissime all’interno di
sé, Gesù oggi ci chiede di non metterle sottoterra ma di investirle affinché
possano diventare sempre più preziose e ricercate.
Ma è un investimento rischioso. È possibile andare incontro
a qualcuno che ti può criticare, a qualcuno che non condivide il tuo talento, a
qualcuno che ti vuole mettere i bastoni tra le ruote per invidia o per
divertimento. È un rischio da correre. Certo che se a guidare le nostre energie
c’è la paura di cosa potrà dire il “padrone” (per utilizzare il linguaggio
della parabola), di sforzi ne faremo gran pochi. Quindi ecco un altro tema a me
caro: che rapporto ho con Dio? Per me Dio è un padre padrone, pronto a
castigarmi, che mi controlla giorno e notte per cogliermi di sorpresa oppure è
un Padre che dona la sua vita affinché io, suo figlio, possa crescere e portare
frutti al meglio delle mie possibilità?
Oggi celebriamo la 4 giornata mondiale dei poveri. Il Papa
ci ha regalato una lettera molto bella dal titolo “Tendi la tua mano al
povero”. Non è difficile interrogarci su cosa possiamo fare.
Ho delle capacità che potrei mettere in campo; tendere la
mano significa avere il coraggio di mettere se stesso, e quindi le proprie
capacità, a disposizione di chi può fruire del mio operato … a questo punto una
scoperta sarà immediata, ne sono certo: ci sarà certamente qualcuno che potrà
allungare la sua mano e venire in aiuto a me laddove e quando ho o avrò dei bisogni.
Lo abbiamo sperimentato nel tempo del lockdown a marzo, per certi versi lo
stiamo sperimentando ancora in questi giorni.
La “fantasia della carità”, così mi piace definirla, non ha
limiti e i bisogni dell’uomo vanno oltre una borsa di cibo e di vestiti (che
pure è essenziale). Quest’estate per esempio alcuni adolescenti hanno aiutato
dei bambini a fare i compiti.
Proviamo a chiederci davvero: cosa posso fare io per gli
altri? A quali bisogni può rispondere la mia mano tesa?
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