O Dio, abbi pietà di me peccatore!


27 ottobre 2013
XXX domenica del Tempo Ordinario – C

Sir 35,15b-17.20-22a ; Sal 33(34) ; 2Tm 4,6-8.16-18 ; Lc 18.9-14
In questa 30^ domenica del tempo ordinario, Pasqua della settimana, di nuovo la Parola ci porta a riflettere sul grande e complesso tema della preghiera.
Oggi il Vangelo contrappone due figure interessanti: da una parte un fariseo e dall’altra un pubblicano, ovvero, da una parte l’uomo della legge e dall’altra il pubblico peccatore. Non ci sono dubbi sull’integrità del fariseo così come non ci sono dubbi sulla situazione peccaminosa del pubblicano. Oggi qui non vogliamo giudicare le persone in se stesse. Oggi Gesù ci presenta due modi di accostarsi a Lui.
Da una parte colui che, vista la sua integrità, si porta nei primi banchi del tempio e dall’altra colui che, conoscendo la sua peccaminosità, osa appena oltrepassare la porta.
Da una parte colui che ha il coraggio di guardare Dio negli occhi, dall’altra colui che non ha neppure il coraggio di alzare lo sguardo.
Da una parte colui che mette in mostra tutte le sue buone azioni, dall’altra colui che non sa da che parte iniziare il racconto tanta è la vergogna.
Da una parte colui che punta il dito contro gli altri, dall’altra colui che punta il dito contro se stesso.
Sarebbe scontato chiederci: ed io da che parte mi metto? Ma proviamo a domandarcelo e cerchiamo di rispondere onestamente con noi stessi.
Più rifletto su questo brano di vangelo e pio non posso fare a meno di pensare che ogni nostra celebrazione eucaristica comincia con la richiesta di perdono, ci battiamo il petto, e poco prima di comunicarci di nuovo riconosciamo la nostra indegnità di accostarci alla sua mensa. A parole siamo bravi, ma quei gesti come li vivo? La ritualità che ci obbliga a compierli non sempre ci aiuta a viverli. Il più delle volte compiamo i riti di ingresso, dei quali l’atto penitenziale ne è il primo dopo i saluti, come un qualcosa di aggiunto che deve essere fatto, eppure come potremmo veramente entrare in casa di un amico se lo abbiamo mortalmente offeso? Io non riuscirei a sedermi a tavola insieme a qualcuno con il quale ho appena alzato le mani!
O Dio abbi pietà di me peccatore” è la grande preghiera che recita il pubblicano, quante volte la recito io nella mia giornata? Siamo così bravi di innalzare richieste al Signore, siamo così bravi di dire quanto siamo stati bravi nel fare ciò che lui ci ha chiesto di fare, ma quanto riusciamo a riconoscerci bisognosi del suo perdono? Forse che non ne abbiamo bisogno? Se così fosse Lui sarebbe morto invano!
Stiamo per avvicinarci al momento in cui ci riconcilieremo con Dio. Settimana prossima, in occasione della solenne festa di tutti i santi e per la commemorazione dei nostri cari defunti, avremo la possibilità di accostarci al sacramento della riconciliazione. Iniziamo già a pensarci, iniziamo a ripetere in questi giorni, nel nostro segreto, quella grande preghiera che il pubblicano quest’oggi ci insegna: “O Dio, abbi pietà di me peccatore!”. Quando poi mi accosterò al Signore per confessare le mie mancanze partirò già con il piede giusto, inizierò riconoscendomi bisognoso del suo perdono.
Signore Gesù, tu sei venuto per perdonare tutte le mie colpe, io però spesso e volentieri non riconosco di averne bisogno. Abbi pietà di me!
Hai esaltato la preghiera del peccatore perché ha avuto il coraggio di guardarsi con sincerità, aiutami a guardare dentro di me, fammi scorgere tutti quegli aspetti che scandalizzano i più piccoli, aiutami ad estirpare il male che mi allontana da te e fa che le fatiche che tutto questo porteranno siano per la tua sola lode.
Amen

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