Natale in Barca!


29 dicembre 2013
Festa della sacra famiglia
Sir 3,2-6.12-14 ; Col 3,12-21 ; Mt 2,13-15.19-20
In questa seconda domenica di Natale, Pasqua della settimana, la liturgia ci offre l'immagine della sacra famiglia che scappa in Egitto per sfuggire alla persecuzione del re Erode.
Dobbiamo cancellare dalla nostra mente tutte le favole degli angeli che scortano la famiglia svolazzando attorno all'asinello! Dobbiamo piuttosto tenere sottocchio le pagine dei quotidiani che ci raccontano le storie degli sbarchi a Lampedusa!
Si scappa per fuggire a morte certa e ci si imbarca sapendo che si potrebbe morire. È l'unica certezza di chi intraprende questi viaggi della speranza!
Nessuno abbandonerebbe la propria terra, la propria casa e i propri amici se non fosse l'unico modo per sopravvivere e dare un futuro ai propri figli.
Chi parte per questi viaggi non può che sognare un mondo più buono, più tranquillo per se è per i propri figli. Anche Giuseppe sogna, si mette nelle mani di Dio, senza nessuna certezza per il suo futuro. Probabilmente dei ripensamenti lungo la strada ci sono stati, probabilmente la domanda "ma chi me l'ha fatto fare" é sorta dentro di lui. Solo il sogno di un futuro migliore per il suo bambino e per la sua sposa lo hanno spinto a continuare questo folle viaggio, non certo privo di pericoli, in una terra straniera. 
Quest'oggi il vangelo ci interroga e ci fa venire un po' di brividi. Non é certo facile accettare questa realtà, non é facile accettare un diverso in casa nostra, non é facile accettare che Gesù, Giuseppe e Maria siano su quella barca!

Ma c'è un secondo stimolo per la riflessione di oggi che nasce dall'accostamento di questo Vangelo alla prima lettura. C'é un esilio che ci é molto più vicino di quanto pensiamo, é l'esilio della solitudine. Quante persone passano le loro giornate in esilio dalle loro famiglie? O perché malate o a causa di vecchie discussioni che si protraggono negli anni e induriscono sempre più il cuore! Penso soprattutto agli anziani o ai malati delle nostre comunità ma penso anche alle famiglie sgretolate o a chi ha perso ogni speranza di vita. Quanti hanno passato il natale da soli, quanti passano le loro giornate da soli! Cosa possiamo fare noi per loro! É davvero così difficile una visita? L'anziano o il malato che vive nella sua solitudine non dovrebbe essere esiliato ma rispettato e onorato, prima come persona e quindi come il detentore di una storia che é la nostra storia. Un tempo l'anziano era il saggio del paese, colui a cui rivolgersi per ottenere preziosi consigli di vita, ora?

Uno dei nostri problemi é che non sogniamo più e di conseguenza la realtà non la vediamo più come qualcosa di passaggio ma come un qualcosa ben radicato in noi stessi, un qualcosa che non ci permette di spiccare il volo verso terre lontane, un qualcosa che ci impedisce di accogliere la diversità dell'altro come un'opportunità di crescita. Non sognare significa appiattirsi in una realtà che sentiamo troppo stretta per noi, significa perdere ogni forza che ci permetterebbe di lottare per crescere sviluppando le nostre singolarità (che é un'altro modo di dire diversità).

Signore Gesù l,illusione di essere comodi e realizzati restando ancorati ad una realtà troppo stretta per noi ci impedisce di sognare, di guardare un po' più in la del muro di cinta di casa nostra. Aiutaci a sognare come Giuseppe, aiutaci a resistere alle difficoltà del quotidiano con uno sguardo lungo e ottimista sulla nostra vita. Aiutaci a prendere quella barca che é la sola certezza per non lasciarci morire nelle mani di quel nemico co une che é la solitudine e la rassegnazione.
Signore Gesù, tu che hai sperimentato gli sguardi intimoriti di chi ti ha incontrato e visto come straniero, insegnaci la compassione, insegnaci a scoprire le storie dei disperati costretti all'esilio, insegnaci a guardare con uno sguardo d'amore quegli esiliati che le nostre comunità hanno abbandonato alla solitudine e alla sofferenza fisica e psicologica.
Amen 

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