Siamo ancora capaci di penitenza?
18 febbraio 2015
Mercoledì delle ceneri
Gl
2,12-18 ; Sal 50(51) ; 2Cor 5,20-6,2 ; Mt 6,1-6.16-18
Iniziamo
quest’oggi un periodo di penitenza che ci accompagnerà fino al giorno della
Pasqua. Mentre cercavo di comprendere per me stesso, in questa nostra società
cosa vuol dire penitenza e, soprattutto, se questo sentimento è ancora vivo
oggi, ho deciso di cercare il suo significato letterale. Ecco cosa ho trovato:
“sentimento di profondo dolore e rammarico per un’offesa recata
alla divinità, o per atti proprî giudicati e sentiti come tali a causa delle
conseguenze che ne derivano a singole persone o a una collettività[1]”.
Dopo
questa definizione mi sono detto che forse oggi siamo qui in chiesa per mera
abitudine. Quando mai proviamo un profondo dolore e rammarico per un’offesa
fatta a Dio? Un passo indietro: noi offendiamo ancora Dio?
Oppure:
quando le conseguenze dei miei gesti possono far scaturire in me il dubbio che
ho compiuto un atto offensivo nei confronti di Dio?
Siamo
talmente concentrati su noi stessi che non ci rendiamo neppure conto che ogni
nostra azione ha delle conseguenze positive o negative su chiunque vive oggi
nel mondo ma anche sul futuro del nostro pianeta. Oh ma fermiamoci a chi vive
in casa con noi, la cosa non cambia!
Oggi
i testi sacri parlano di elemosina, digiuno e preghiera, sono tre atteggiamenti
che decentrano il nostro io, ci obbligano ad abbandonare per un attimo la
nostra pancia e ci aiutano a focalizzare i bisogni degli altri e dell’Altro che
vive in essi.
Dire
che oggi è una giornata “di magro e digiuno” fa venire da sorridere, se
avessimo problemi di peso è un conto, ma … saltare un pasto solo per cercare di
comprendere un poco i sentimenti e i mal di pancia di chi normalmente è forzato
a scavalcare i pasti … beh è proprio fuori moda. Fare digiuno ci aiuterebbe a
comprendere il senso profondo dell’elemosina e della preghiera come abbandono
fiducioso di tutti i bisogni nelle mani di chi, questi bisogni, li conosce
veramente.
La
prima lettura è lapidaria: “Così dice il
Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con
pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore
vostro Dio».” È un grido di supplica, il Signore oggi vede
che siamo allo sbando e vuole aiutarci a ritornare a lui. È ora il momento
favorevole, “lasciamoci riconciliare con
Dio”, come ci suggerisce Paolo nella lettera ai Corinzi.
Tra
poco faremo il gesto rituale della penitenza: quelle poco di ceneri poste sul
nostro capo è l’invito a prendere seriamente questo cammino. Le parole che
accompagnano il gesto sono solo del sacerdote: “Convertiti e credi al vangelo”.
Il fedele non risponde nulla, neppure un Amen. È il silenzio di chi, meditando,
cerca di entrare nel mistero che si sta celebrando; la risposta alle parole del
sacerdote sarà il cammino che inizia da oggi e che ci accompagnerà al gesto
supremo di amore nei nostri confronti.
Nessuno
deve sapere quali sono le nostre intenzioni, nessuno deve sapere quali fatiche
facciamo nel cercare di riconoscere il male che arrechiamo al Signore, “solo il Padre tuo che vede nel Segreto, ti
ricompenserà”. Evitiamo quindi grandi gesti plateali ma tutto ciò che
facciamo, poco o tanto non importa, basta che sia alla portata del nostro
cammino, sia fatto nell’intimità del nostro essere, quell’intimità che solo il
Padre conosce.
Buon cammino
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