Pentecoste: il mistero che può salvare il mondo
15 maggio 2016
domenica di Pentecoste
At
2,1-11 ; Sal 103(104) ; Rom 8,8-17 ; Gv 14,15-16.23b-26
In questa domenica di Pentecoste
terminiamo il tempo pasquale. In questi 50 giorni abbiamo avuto modo di
riflettere sul cammino che deve fare il cristiano per potersi dire seguace di
Gesù.
In questi 50 giorni abbiamo
celebrato i sacramenti per significare il loro sgorgare dalla Pasqua di Cristo.
In questi 50 giorni abbiamo
camminato con un tutor speciale, Gesù risorto che continuava a insegnare ai
suoi discepoli la via che porta alla santità. Ed infine, la scorsa domenica
abbiamo fatto l’esperienza dell’abbandono definitivo. Gesù è risalito al Padre e
noi siamo rimasti ad attendere l’avverarsi delle sue promesso. Sì, perché non
ci ha abbandonati a noi stessi ma ci ha promesso un aiuto perenne: il
paraclito. Il consolatore, lo Spirito.
Dopo dieci giorni dall’Ascensione,
mentre tutta Gerusalemme era in festa per la grande festa della Pentecoste
ebraica, il giorno in cui si festeggia la manifestazione di Dio su monete Sinai
e il dono della legge a Mosè, ai discepoli riuniti nel cenacolo succede
qualcosa che ha dell’incredibile. Il testo ben descritto da Luca negli Atti
degli apostoli utilizza tre immagini che ci aiutano ad entrare in merito all’accaduto.
Anzitutto il vento: “Venne all’improvviso dal cielo un rombo,
come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si
trovavano”. In ebraico c’è una parola che noi traduciamo con il termine “spirito”,
ruah, questo termine significa anche “vento”. Il vento soffia e si infila in
ogni angolo e la sua forza è incredibile, così anche lo Spirito.
Il secondo simbolo utilizzato è
il fuoco. Non si tratta di un qualcosa di puramente esteriore, lo Spirito è un
qualcosa che ti entra nelle profondità delle tue viscere e arde dentro di te. È
l’ardore dell’amore che spinge a fare cose incredibili.
Il terzo simbolo è quello delle
lingue: “Apparvero loro lingue come di
fuoco che si dividevano e posavano su ciascuno di loro”. Quelle lingue che
a Babele hanno diviso gli uomini ora, animate dallo Spirito sono strumento di
unione.
Ma allora come e dove vediamo lo
Spirito nella nostra esistenza?
Io sono convinto che se lo
lasciassimo lavorare un po’ di più staremmo tutti un po’ meglio. Mi viene in
mente un’immagine. Nessuno di noi vede l’aria eppure siamo certi che ci sia,
anzi addirittura senza di essa noi non possiamo vivere e se sperimentiamo anche
solo una lieve asfissia ci accorgiamo quanto è indispensabile l’aria per la
nostra vita. Se rimanessimo a lungo tempo in situazione di leggera asfissia potremmo
dare segni di poca lucidità. Lo Spirito santo è per ognuno di noi come l’aria
senza la quale non possiamo vivere. Il mondo e noi nel mondo, in questa società
che si illude di poter camminare senza Dio, viviamo in questa situazione di
continua asfissia, guardiamoci attorno, ciò che ogni giorno leggiamo sui
giornali non è forse la deriva di una vita trascorsa lontano dall’amore? Ogni
giorno siamo spinti a vivere solo per noi stessi, l’egoismo è imperante nella
nostra società. Festeggiare la Pentecoste significa aprire ogni nostro
orizzonte, alzare lo sguardo verso l’altro, lasciarsi scaldare il cuore da quel
fuoco che sopravvive dentro di noi nonostante i nostri tentativi di soffocarlo.
Signore Gesù, lasciarsi guidare
dall’amore è difficile, il fuoco brucia e il vento fa venire il mal di testa.
Ma sono la nostra unica ancora di salvezza. Se desideriamo lasciarci avvolgere
dall’amore e se accettiamo di vivere nel mondo come testimoni dell’incredibile dobbiamo
correre il rischio di soffrire, del resto tu ce ne hai dato l’esempio!
Manda il tuo Spirito su ognuno di
noi affinché possiamo aprirci al mondo; manda il tuo Spirito su ognuno di noi
affinché possiamo rispondere ai mali di questo mondo con l’unica medicina che
funziona: l’amore; Manda il tuo Spirito su ognuno di noi affinché possiamo essere
testimoni dell’incredibile.
Amen
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