com-passione: movimento d'Amore
14 luglio 2019
XV domenica TO –
C
Dt 30,10-14 ; Sal 18(19) ;
Col 1,15-20 ; Lc 10,25-37
In questa 15^ domenica del Tempo
Ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci invita a riflettere sull’essenziale
della fede.
“Che cosa devo fare per ereditare
la vita eterna?” è la domanda del dottore della Legge. Lui conosce già la
risposta ma, per certi versi vuole mettere alla prova Gesù e … troverà una
bella sorpresa.
Ma prima di arrivare alla
risposta di Gesù io mi fermerei un poco su questa domanda. Noi siamo davvero
interessati alla vita eterna? Perché se così non fosse è inutile andare avanti
a leggere il Vangelo!
Crediamo oggi alla vita eterna? Io
vedo poca convinzione, in coloro che si dicono credenti, su una vita oltre la
morte. Se non ci fosse una vita eterna cosa sarebbe la risurrezione? E se non
ci fosse la risurrezione sarebbe vana la nostra fede! Ma, d’altro canto, se
credo alla risurrezione e quindi alla vita eterna oltre la morte … perché le
mie azioni quotidiane non sono tese verso quel desiderio?
Insomma … ciò che vivo su questa
terra è fine a se stesso o preparazione alla vita eterna?
Quindi se in me nasce la domanda
del dottore della legge posso proseguire con la riflessione diversamente posso
andare al bar a bermi una birra che vale lo stesso!
Io desidero la vita eterna nel
regno dei cieli quindi, benché una birra mi fa sempre gola, proseguo con la
riflessione.
La risposta di Gesù rovescia
tutti i canoni umani. Quel dottore, come ognuno di noi, si attendeva come
risposta qualcosa legato al culto: vai a messa tutte le domeniche, prega il
rosario ogni giorno, fai le preghiere del mattino e della sera … e invece no. Gesù
parla di un uomo caduto nelle mani di gente spietata (quanti ce ne sono anche oggi)
che non può fare altro che sperare in qualcuno che si prenda cura di lui, non
può sperare che in qualcuno che gli si faccia prossimo, vicino, che condivida
la sua esperienza. Penso che la difficoltà del vangelo di oggi sia proprio questa.
È difficile oggi farsi prossimi di qualcuno. Fare Carità non significa solo
mettere un soldino nelle mani di qualcun altro. In cosa lo investe quel
soldino? Ha davvero bisogno di quel soldo per mangiare oppure gli è più comodo
che non cercare lavoro? Per non parlare del problema delle possibili dipendenze:
alcool droga … Faccio dunque davvero il bene di quella persona? Fare la Carità
significa fermarsi, conoscerla, comprendere quali sono i suoi veri bisogni, caricarsela
sulla spalle ed offrire ciò che realmente può aiutarla a rialzarsi e a
riprendere il cammino con le sue gambe. In altre parole aiutarla a
riconquistare la sua dignità!
Quel samaritano che si è fatto
prossimo di colui che è stato vittima dei briganti è Gesù che, benché
straniero, oggi diremmo extracomunitario, si avvicina ad ognuno di noi dandoci
l’esempio di come agire nei confronti degli altri. Gesù oggi non ci offre una
serie di norme da rispettare ma uno stile di vita. Questo stile di vita è un
cuore commosso cioè mosso-insieme a chi è nel bisogno.
Donaci Signore un cuore capace di
Amare, un cuore caldo per offrire calore a chi vive nel freddo di una vita
senza speranza e un cuore ricco per offrire dignità a chi vive nell’indigenza;
allo stesso tempo Signore donaci un cuore disposto ad accogliere il tuo Amore per
sperimentare la gioia del tuo incontro e un cuore umile per sentire il bisogno
di mettersi nelle tue mani.
Amen
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