La stanza al piano superiore


10 giugno 2012
SS. Corpo e Sangue di Gesù
Es 24,3-8 ; Eb 9,11-15 ; Mc 16,22-26
La festa che la liturgia oggi ci fa celebrare, la solennità del Corpo e Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, non è altro che l’esaltazione di ciò che ogni giorno celebriamo nell’eucarestia: il continuo pellegrinare di Gesù nella nostra vita.
Mi ha colpino nel vangelo la figura di quell’uomo che porta una brocca d’acqua. È il padrone della casa in cui Gesù farà la sua cena pasquale? Non lo so. La cosa certa è che è quell’uomo che devono seguire. Colui che porta la brocca d’acqua è la figura di colui che porta il battesimo. È il battesimo che inserisce nella casa della stanza superiore. Ed è bello e rassicurante scoprire che quest’uomo ci vinee incontro. Non siamo noi che cerchiamo lui ma è lui che viene incontro a noi. Così come ci dirà Gesù: “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”. Gesù ci vuole con se e mette a disposizione tutte le sue energie per incrociare le nostre strade. Noi dobbiamo aprire gli occhi e lasciarci guidare. Proprio come succederà a Saulo sulla via di Damasco, proprio come già è successo ai 12 sulla spiaggia mentre riassettavano le reti o, nel caso di Marco stesso, al tavolo delle imposte.
Tanti uomini, e , permettetemi, tanti giovani oggi cercano Dio ovunque, si rivolgono alle persone più stravaganti o ai riti più strani, fanno centinaia di km per vedere ed ascoltare santoni orientali o aprono le porte a predicatori di chissà quale setta nuova. Eppure Dio si dona a noi nella nostra esistenza, attraversa la nostra strada in continuazione, bussa alla nostra porta in ogni momento!
Noi che ci diciamo suoi seguaci abbiamo un po’ di responsabilità in tutto questo. Quanta fatica oggi facciamo per testimoniarlo, quanta fatica facciamo nell’accompagnare verso di Lui coloro che ci affiancano, quanta fatica facciamo nel comprendere che siamo noi i primi a dover camminare ancora parecchio per arrivare a quella stanza nella quale celebrare con Lui la Pasqua.
Un secondo spunto di riflessione mi arriva proprio da quella stanza al piano superiore. Si tratta della stanza più personale, non è il piano in cui la gente è di passaggio, sono le stanze di coloro che abitano la casa. Ma è soprattutto un luogo teologico, il luogo più intimo della mia esistenza, non certo il luogo in cui incontro e chiacchiero con il primo che incrocio per strada ma il luogo più profondo del cuore, quello che apro a coloro che ritengo possano entrare per condivider con me un tratto fondamentale della mia vita. È il luogo dell’amore!
Questa stanza è grande, già arredata e già pronta. Il nostro cuore ha questo angolo privato, l’angolo dell’amore. Chi accogliamo in questo angolo? Potremmo anche riservarlo solo ed esclusivamente per noi. Gesù invece ci dice di prepararlo per la sua Pasqua.
Ed ecco l’ultimo spunto di riflessione: proprio quella Pasqua.
Non era certamente la prima pasqua che i discepoli celebravano con Gesù, ogni anno il pio ebreo ricordava la grande liberazione dal popolo egiziano. Possiamo quindi realisticamente pensare che se gli apostoli sono stati con Gesù 3 anni questa era almeno la terza Pasqua che celebravano insieme. Era quindi una solennità ed una celebrazione attesa e conosciuta. Ma questa ha avuto qualcosa di strano. Gesù introduce un novum che rompe la tradizione col passato, non per cancellarla ma per rinnovarla. Gesù rende nuovo qualcosa di fondamentale e di sacro. Ad un certo punto prende il pane, lo spezza, lo da ai suoi commensali e dice: Prendete, questo è il mio corpo. Poi prende la coppa del vino e chiede a tutti di bere da quel calice dicendo: questo è il mio sangue. Per l’ebreo dire Questo è il mio corpo significa dire questo sono io stesso che mi offro a te, prendimi fai tutto quello che vuoi. Non sono più mio ma sono tuo. Posso facilmente immaginare la faccia dei dodici nel sentire queste parole. La faccia di coloro che non comprendono, la faccia di chi si interroga e vuole capire.
Dopo 2000 anni di distanza in cui ogni giorno noi viviamo questo novum, abbiamo la stessa difficoltà di quei dodici. Dopo 2000 anni di distanza in cui ogni giorno viviamo questo novum anche noi continuiamo a non capire quelle parole. Anche oggi facciamo fatica a comprendere e a credere che quel pane e quel vino sono, ripeto, SONO il corpo e il sangue di Gesù. SONO tutto Lui stesso che si mette nelle nostre mani per donarci la possibilità di fare della nostra vita quel novum. Oggi tanti credenti, anche tra coloro che ogni domenica partecipano alla messa, si rasserenano dicendo che quel pane è qualcosa che ci ricorda … e invece NO. È realmente il suo corpo e il suo sangue. E tutto quel sangue di cui si è ascoltato nella prima lettura, tutta quella macellazione che ci da così fastidio quando ascoltiamo la ritualità ebraica … beh non è sparita ma è tutta vissuta in quel pane e in quel vino che diventano e sono realmente il corpo e il sangue di Nostro signore Gesù Cristo.
Lui vuole venire in noi, nell’angolo più prezioso della nostra esistenza, nell’angolo dell’Amore. Ma come stiamo preparando quest’accoglienza? Abbiamo avuto il coraggio di riconoscere il suo cercarmi? Siamo passati da quel lavacro battesimale che ci permette di aprire i nostri occhi e riconoscere tutti i segni che dicono la sua presenza, il suo passaggio, il suo desiderio di stare, giacere con me?
Signore Gesù pane di vita, quanto è difficile credere la tua presenza sacramentata. Quel pane, quel vino sogno realmente il tuo SS. Corpo e il tuo SS. Sangue. Apri i nostri cuori nella contemplazione di Te vivo che ti offri per noi, non permettere che la razionalità offuschi la mia ricerca di Te ma fa che sia l’Amore a guidare i miei passi.
Signore Gesù pane di vita, la stanza più profonda del mio cuore è spesso occupata da tante piccole ed inutili divinità. Fa che possa fare piazza pulita, fa che possa ripristinare la bellezza originaria di questo prezioso angolo di cuore. Possa ritornare grande arredato e già pronto per il mio incontro con Te.
Signore Gesù pane di vita, Aiuta noi cristiani a riconvertirci a Te. Fa che il centro della nostra vita non siano le nostre parole e le nostre opere ma l’eucarestia, ovvero ciò che da senso alla nostra vita, ciò che da originalità alla nostra esistenza, ciò che rende viva la nostra testimonianza.
Amen

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