Una meta: la santità. Una via: la quotidianità.

1 novembre 2016
Solennità di tutti i santi – C
Ap 7,2-4.9-14 ; Sal 23(24) ; 1Gv 3,1-3 ; Mt 5,1-12a
Cosa significa per noi festeggiare in un solo giorno tutti i santi del cielo? Probabilmente significa schiarire la nostra visuale sull’unica meta di ogni uomo e di ogni donna che vive, è vissuta e vivrà su questa terra.
Scoprire che in paradiso c’è una moltitudine immensa fa crollare il mito che solo pochi eletti possano entrarvi. Scoprire che in paradiso c’è una moltitudine immensa mi aiuta ad aumentare la speranza che un giorno anche per me può essere possibile. Scoprire che in paradiso c’è una moltitudine immensa mi aiuta a comprendere che non sono l’unico a voler percorrere la strada che mi porta in esso.
Il paradiso non è questione di fortuna o di predestinazione. In paradiso ci arriviamo camminando su questa terra. La nostra esistenza può essere già un’esistenza paradisiaca se la viviamo proiettati nell’ultimo futuro che andremo a vivere eternamente.
Il brano delle beatitudini che la liturgia oggi ci propone non è altro che un aiuto per vivere bene il presente. Tanti uomini oggi si affannano per fare carriera, per guadagnare il più possibile, per apparire i più forti, per essere sempre giovanili, per portare nella realtà tutto ciò che la televisione ci spaccia come unico modo per vivere bene. Ma non avete fatto mai caso alle conseguenze di tutto questo? I più ricchi diventato sempre più ricchi schiacciando i più poveri che diventano sempre più poveri. Le guerre aumentano perché le relazioni si fondano solo ed esclusivamente su falsità. I genitori giocano a fare gli eterni adolescenti e i figli non hanno esempi seri per crescere. Si illudono le giovani generazioni che basta trascorrere un mese in una casa ripresi in ogni ora della giornata a fare niente per fare soldi. … e poi invece scopriamo che la vita quotidiana è altra, tutti noi invecchiamo, tutti noi dobbiamo sudare se vogliamo guadagnarci la pagnotta quotidiana, tutti noi dobbiamo imparare a stare con gli altri se vogliamo qualcuno che veramente si interessi di noi nei momenti di bisogno. Il Vangelo oggi ci dice di partire da questo. Se noi impariamo a vivere la nostra esistenza senza desideri di primeggiare, accettando l’avanzare dell’età e quindi le sue normali conseguenze, accogliendo il fratello per ciò che è e non per ciò che vorrei … allora sto già percorrendo la strada del paradiso. Voi mi direte che non è facile, che bisogna fare fatica, che oltre al sudore spesso si va incontro anche a sofferenze morali, psicologiche e fisiche. Già è qua che ci viene incontro la prima lettura confidandoci che quei 144.000 sono coloro “che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello”. Il cuore di tutto è proprio quell’Agnello, Gesù Cristo che ha accolto tutto dell’esistenza umana senza disprezzare nulla. Anzi è stato colui che ha portato nel mondo l’attenzione ai più esclusi, agli ultimi, a coloro che non erano neppure considerati esseri umani. Lui ci ha fatto riscoprire l’umanità con la quale ci ha creati! Siamo chiamati a vivere come Lui per raggiungere la sua stessa meta, vocazione ultima di ogni essere umano. Dice Giovanni nella sua prima lettera: “noi fin d’ora siamo figli di Dio … Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro”. Questa è la speranza che deve guidare la nostra esistenza. Iniziamo con le persone che vivono accanto a noi, cerchiamo di guardarle con i Suoi occhi, di ascoltarle con le Sue orecchie. Quella misericordia che vogliamo sia usata su di noi un giorno dobbiamo iniziare a metterla in pratica oggi stesso.
I santi che sono in paradiso siano nostri compagni ed amici, possano suggerirci l’unica via che porta al cielo per poter un giorno godere con loro della pace eterna ed oggi pregustarla nelle relazioni quotidiane.

Amen.

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