Educare: voce del verbo accogliere/amare

Domenica 2 luglio 2017
XIII domenica del Tempo Ordinario – A
2Re 4,8-11.14-16a ; Sal 88(89) ; Rm 6,3-4.8-11 ; Mt 10,37 – 42
In questa 13 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci consegna alcuni detti di Gesù. Si tratta di alcune piccole frasi che Gesù disse ai suoi seguaci e che rimasero talmente impresse nel loro cuore che, difronte alle domande dei primi cristiani su cosa fare per essere buoni cristiani, coloro che le sentirono le riproposero tali e quali.
Non si può accogliere il fratello che è nel bisogno se non si ha accolto prima Dio nel proprio cuore, così come non si può accogliere Dio nella propria vita se poi non si accoglie il fratello che è nel bisogno.
il racconto di Eliseo da questo punto di vista è mirabile. Eliseo ogni volta che passa da Sunem si ferma a mangiare nella stessa casa. Chiede solo l’ospitalità di un piatto di qualcosa di caldo per poter poi proseguire il suo cammino. Questa donna non si stanca di accoglierlo anzi, sapendo che è un uomo di Dio, un profeta, decide con il marito di offrire a lui non solo un piatto di qualcosa di buono ma anche la propria casa. Costruisce così una stanza al piano superiore (che tra l’altro ricorda il cenacolo) e la arreda perché possa essere ospitale. Eliseo rimane colpito da tanta ospitalità e profetizza la nascita di un figlio per lei il cui marito era già avanti nell’età.
In Eliseo troviamo riunite in una sola figura le due ospitalità di cui parla il Vangelo, si accoglie l’uomo che parla a nome di Dio, e si chiede a lui di abitare la nostra casa.
Il Vangelo va anche oltre. Gesù chiede ai suoi seguaci di mettere lui al primo posto sopra ogni cosa. Significa sacrificare la propria vita per testimoniare l’importanza della scelta che si è fatta.
Potremmo davvero chiederci se le nostre scelte dicono il nome che portiamo. Il nostro essere cristiani è mostrato nelle priorità che diamo nelle scelte quotidiane?
In questi giorni di CRE, difronte ad alcune situazioni problematiche che vanno a crearsi a causa di caratteri difficili o disturbati di alcuni bambini, mi viene sempre in mente la discussione che ebbi con un allenatore di una squadra di calcio nell’oratorio di Casazza. C’era un gruppetto di ragazzini che creava grossi problemi un po’ ovunque, nella scuola, alla catechesi, al calcio, in oratorio, per la strada. Questo allenatore, molto brillantemente aveva preso la decisione di buttare fuori dalla squadra questi tre. Il presidente della polisportiva venne preoccupato a parlarmi e così ci incontrammo. Questo allenatore mi disse: “Quando ho una mela marcia nel cestino della frutta la butto nella spazzatura per salvare il resto della frutta”. Io risposi che era uno sprecone, io cerco di fare il possibile per togliere il marcio dalla mela e salvare, oltre al resto della frutta anche il buono che è rimasto di quella mela! È l’accoglienza delle difficoltà, la sfida più grande che ogni educatore che si dice cristiano affronta ogni giorno. è quella croce che Gesù ci chiede di portare sulle nostre spalle, è quel rinnegare la propria esistenza per dare vita agli altri. Dovrebbe essere ciò che ogni padre ed ogni madre compie ogni giorno nel crescere i propri figli, a maggior ragione se questa famiglia si dice cristiana. Non possiamo scartare nessuno e non possiamo pensare sempre che ci penserà qualcun altro a risolvere i problemi di coloro che bussano alla nostra porta. Certo l’invito del vangelo è difficile, ci chiede di immergerci pienamente nelle scelte che facciamo, così come è certamente stato difficile per la famiglia di Sunem rinunciare alla propria intimità per accogliere in casa un forestiero.
Ma questo è il linguaggio dell’amore, il linguaggio di coloro che non pensano più a se stessi perché troppo sbilanciati sull’altro che amano.
Signore Gesù aiutaci a amare indifferentemente ogni fratello che bussa alle porte della nostra vita.
Signore Gesù entra nel nostro cuore e riempilo di te al punto tale che ogni nostra azione possa mostrarti al mondo.
Signore Gesù fa che il nostro sguardo sull’altro sia un educere (tirar fuori – educare) tutto ciò che di bello che hai messo in ogni tua creatura, specialmente le più difficili con le quali relazionarsi.

Amen

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