Un unico popolo: i Figli di Dio

11 febbraio 2018
VI domenica del Tempo ordinario – B
Lv 13,1-2.45-46 ; Sal 31(32) ; 1Cor 10,31-11,1 ; Mc 1,40-45
In questa VI domenica del Tempo ordinario, Pasqua della settimana, la Parola ci invita a rompere tutti quei recinti che l'uomo crea nella società. Ci invita pertanto a riconoscere nell'umanità un unico gruppo formato da figli di Dio peccatori bisognosi di perdono.
Il mondo al tempo di Gesù era diviso in puri ed impuri, credenti e pagani, ricchi e poveri …
Oggi il mondo continua ad essere diviso: tra potenti e deboli, agiati e indigenti, c'è chi muore per aver mangiato troppo e chi per non aver nulla da mangiare, brava gente e terroristi, europei ed extracomunitari, bianchi e neri …
Ogni società ha sempre creato dei recinti entro i quali rinchiudere qualcuno che rientra in determinati cliché, abbiamo visto i campi di concentramento nazisti e le foibe comuniste, abbiamo creato giardini felici per i disabili e alberghi per gli anziani, potremmo dire che anche qui tra noi potrebbero esserci più gruppi: i quattrocchi, i pelati, i vecchi, gli ignoranti …
Se ci pensate bene ognuno di noi potrebbe formare un gruppo a se perché diverso da qualsiasi altro.
Ma allora perché l'uomo ha sempre voluto separare gli uni dagli altri? E poi perché tutti coloro che appartengono ad un gruppo devono avere tutti le stesse caratteristiche? Se uno è quattrocchi potrebbe essere un terrorista o un santo, penso che su questo siamo tutti d'accordo, perché allora se uno è nero deve essere terrorista e se uno è bianco deve essere per forza un santo? A me risulta che la storia ha dimostrato che ci possono essere dei santi neri come dei terroristi bianchi …
Gesù come si pone davanti alla schiera degli uomini? Anche lui fa delle distinzioni? In realtà Gesù guarda tutti gli uomini come appartenenti all'unico gruppo dei figli di Dio. È questo il motivo che lo spinge ad avvicinarsi senza paura al lebbroso che chiede il suo aiuto. Per tutto il resto del mondo (del suo mondo) quel lebbroso è un morto vivente perché certamente ha peccato contro Dio, per Gesù (e quindi per Dio) è solo un figlio che ha preso coscienza della sua situazione di bisogno e chiede aiuto.
Noi cristiani dovremmo distinguerci in questo modo dagli altri uomini, dovremmo avere il coraggio di Gesù, quel coraggio che già è stato mostrato anche da tanti santi (di ogni colore) che ci hanno preceduto vivendo il Vangelo, il coraggio di guardare ad ogni uomo come appartenente all'unica razza umana, di guardare all'uomo, qualsiasi uomo, anche ognuno di noi qui oggi in chiesa, come a un fratello che lancia il suo grido di aiuto proprio nei gesti incomprensibili che compie. Non esistono persone cattive, esistono persone che commettono atti cattivi e che possono, se messe nella condizione giusta, riconoscere la cattiveria che compiono e rifarsi una vita. Così come Zaccheo, come la donna adultera, come Pietro, come tanti che anche nel mondo di oggi fanno questo passaggio: riconoscersi Figli di Dio.

 Certo purtroppo c'è anche chi questo passaggio non lo vuole o non riesce a farlo … solo Dio potrà separare le pecore dai capri. Per quanto riguarda noi … abbiamo il potere di fare tutto quanto possiamo per scandalizzare il meno possibile i fratelli. È fine l'insegnamento che Paolo scrive ai Corinzi: anche se è lecito fare qualcosa perché non ha nessuna base per essere illecito, ma questa cosa può essere d'ostacolo a qualche fratello più debole di te nel cammino, per il suo bene cerca di astenerti dal farlo. Il nostro agire infatti è sempre sotto i riflettori di tutti, la nostra fatica più grande è quella di fare in modo che nessuno possa sentirsi scandalizzato e quindi rinunciare al cammino che sta intraprendendo. Guardiamo il mondo con gli occhi di Dio, riconosciamo che ogni fratello è in cammino come ognuno di noi verso la meta eterna della santità. Non creiamo separazioni tra gli uomini ma cerchiamo di far convergere tutti nell'unico centro vitale che è Gesù Cristo.

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