Carità, via di liberazione dalla morte ...


9 aprile 2020
Giovedì Santo nella Cena del Signore
Es 12,1-8.11-14 ; Sal 115(116) ; 1Cor 11,23-26 ; Gv 13,1-15


È festa quest’oggi!
È festa per Gesù che siede attorno alla mensa per la cena pasquale con i suoi discepoli; è festa per noi perché ci sediamo attorno alla mensa del Signore per fare memoria dell’ultima cena del Nostro Signore.
Ma è anche giorno di dolore quest’oggi! È doloroso per Gesù guardare negli occhi i suoi amici e riconoscere in loro colui che lo sta tradendo, colui che lo rinnegherà e coloro che lo abbandoneranno; è doloroso per noi perché non possiamo riunirci tutti insieme nella comunità ma soprattutto perché nelle case di tanti di noi c’è ancora il velo oscuro della morte e della malattia.
Proprio perché oggi è festa e anche dolore è già Pasqua o meglio è la Pasqua del Signore.
Penso, e mi auguro, che mai più come quest’anno possiamo riscoprire la Pasqua tutta intera; non solo le luci della Domenica di risurrezione ma anche le ombre del giovedì e del venerdì e del sabato: le ombre della fatica dei sentimenti non corrisposti del giovedì; le ombre del dolore fisico del venerdì; le ombre della pesantezza di quel vuoto del sabato.
Ma è interessante che tutto questo inizia con un cuore che batte pieno d’amore: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Sono queste le parole che ci aiutano a rileggere tutto quanto succederà. Tutto ciò che celebriamo in questi giorni, tutti i gesti che andremo a compiere nella semplicità delle nostre case quest’anno, vanno letti alla luce di questo “amò fino alla fine”; a me ora viene da dire “amò fino al fine”: il fine della vita terrena di Gesù è aprirci le porte verso il Regno del Padre ed infatti il vangelo di oggi non dice che Gesù sapeva di morire ma “sapendo che era venuta le sua ora di passare da questo mondo al Padre”.
In questi giorni tutti noi stiamo facendo i conti con la morte, chi direttamente, chi indirettamente, qualcuno anche solo nel pensiero che potrebbe capitare a qualcuno che ama; pensiamo alla morte come a qualcosa di oscuro, come a qualcosa di irrimediabile, come ad un peso che ti piomba addosso e non ti lascia scampo. Ed è così se teniamo conto solo di questa nostra vita, se teniamo conto solo di ciò che l’uomo può vedere e comprendere. La Pasqua di Cristo ci apre gli occhi sulla realtà divina e ci presenta questa terribile esperienza come la Pasqua, come il passaggio dalla morte alla vita. La sofferenza, l’isolamento, l’angoscia, la paura non potranno mai avere l’ultima parola perché tutto ciò che appartiene a questo mondo verrà trasfigurato per il Regno dei cieli e la morte ci apparirà allora come una porta spalancata verso la liberazione da ogni lacrima e difficoltà.
Già, belle parole per una catechesi, per una omelia, ma ora noi ci troviamo a fare i conti con questa croce che rende tutti i nostri movimenti sempre più lenti. Cosa possiamo fare? Come poter alimentare la Speranza? Gesù ci ha indicato un'unica via: la via della carità! Ma quella che ci presenta Gesù è una carità difficile perché gratuita, perché incondizionata: Gesù lava i piedi anche a Giuda, anche a Pietro, anche a tutti gli altri discepoli … e anche a me! Gesù oggi ci chiede di non guardare a ciò che le persone ci possono dare ma a ciò che tu puoi dare loro. Non dobbiamo stupirci se qualcuno a cui rivolgiamo il nostro amore caritativo ci farà del male o sparlerà di noi, noi dobbiamo solo cercare di applicare la logica del tutto gratis che Gesù stesso ha utilizzato e continua ad utilizzare con ciascuno di noi, anzitutto con me! Quante volte Gesù mi ha perdonato, e quante volte io l’ho maltrattato ma il suo perdono non cessa mai di arrivare al mio cuore! Dunque, chi sono io per dire chi posso amare e chi no?
Che la Pasqua che iniziamo oggi a celebrare possa davvero essere una Pasqua di liberazione per ciascuno di noi. Il Signore dipinga le tenebre che stiamo vivendo con i colori luminosi del sole che sorge.
Amen.

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