Pasqua di Carità e di Fede

19 aprile 2020

II domenica di Pasqua

Domenica della Divina Misericordia

At 2,42-47 ; Sal 117(118) ; 1Pt 1,3-9 ; Gv 20,19-31


Buona Pasqua!

Sono passati otto giorni ma è ancora Pasqua. La liturgia ha continuato per tutta settimana a raccontarci l’evento della risurrezione ed i suoi frutti.

Anche le letture di oggi proseguono in questa direzione!

Perché è così importante questo giorno da doverlo allungare per otto giorni?

Perché questa festa (così come per quella del Natale) non vale il detto: passato il giorno passato il santo?

È Pasqua anche oggi così come è Pasqua ogni domenica dell’anno perché in questo ritmo liturgico possiamo assaporare la visita del Risorto ai suoi discepoli ma soprattutto perché il Signore Risorto fa visita ad ognuno di noi nel suo giorno, il Dies Domini, il giorno del Signore.

Ed anche oggi come allora il Risorto ci vuole fare il suo dono più prezioso: il dono della Pace.

Quanto abbiamo bisogno della Sua Pace!

Una pace che non è semplicemente l’assenza della guerra ma una pace che deve divenire per tutti noi uno stile di vita. Un dono dunque che ci investe e ci rende protagonisti principali del dono stesso.

Di cosa si tratta?

Si tratta di imparare a riconoscerci come Cristi, ovvero come Sua presenza nell’umanità dispersa. Ma non solo. Dobbiamo imparare a riconoscere il Cristo in ogni uomo e in ogni donna che porta le piaghe dell’umanità sofferente. Pensiamo a quanti Cristi potremmo incontrare sulle nostre vie … malati, soli, impauriti, poveri, bullizzati, stalkerizzati, percossi, abusati, allontanati … ma penso anche a tutti coloro che offrono il loro tempo, la loro vita, le loro energie, la loro intelligenza, i loro beni per avvicinarsi a questi Cristi sofferenti e risollevarli un poco dalla situazione in cui si trovano.

Già, anche noi possiamo essere questi Cristi, a volte ci riconosciamo tra i bisognosi e a volte ci riconosciamo tra coloro che si rivolgono ai bisognosi.

Ma come è possibile incontrare il Risorto in tutto questo?

È la domanda di Tommaso. Lui non era presente nella comunità quando Gesù appare la prima volta e non riesce a credere. Solo nella comunità ha potuto riconoscere con i suoi occhi ciò che altri gli avevano annunciato. Da soli è difficile credere. Solo nella preghiera condivisa, solo con l’appoggio dei fratelli nella fede possiamo riconoscere Gesù vivo in mezzo a noi. Se facciamo lo sforzo di riconoscerci Comunità orante in attesa di Cristo, come i discepoli nel cenacolo, non avremo più bisogno di sperimentare che quella figura che abbiamo davanti è davvero Gesù. Tommaso l’aveva detto: “Se non metto le mie mani …” Ma poi, quando si è trovato, assieme ai suoi fratelli, alla presenza di Gesù, non ha potuto che credere senza testare ciò che stava vedendo. La Risurrezione di Gesù è un evento ultraterreno, escatologico, non è sperimentabile in laboratorio ma ha una ricaduta testabile nel nostro rapporto con i fratelli. Lo scorso anno un cresimando mi ha detto: non vedo per credere ma credo per vedere. Mi pare riassuma bene la beatitudine che l’evangelista scrive in calce al suo libretto: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Con la fede possiamo infatti riconoscere tutti quei Cristi che anche oggi portano le piaghe sui loro corpi e farci loro prossimi così come Cristo si è fatto prossimo all’umanità ferita e sofferente.

Santa Pasqua ricca di Carità e di Fede a tutti.


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