Una cena con e per noi
Giovedì santo
In questo giorno la liturgia ci propone la celebrazione dell’ultima cena di Gesù. Una cena veramente particolare. Gesù compie dei gesti e chi sta attorno a lui non comprende. È la cena pasquale, quel rito che ogni pio ebreo compie nel ricordo della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, ma Gesù aggiunge qualcosa.
E poi quelle parole “Uno di voi mi tradirà” seguite dall’ansia di dover sapere chi (“Sarò forse io?”). È l’ansia e la domanda di chi sa di non essere totalmente dalla parte della ragione, o in un modo o in un altro tutti o quasi tutti tradiscono Gesù. L’unico puro è il giovane Giovanni che non abbandonerà il maestro neppure sotto la croce.
E che dire poi di quel gesto di umiliazione, la lavanda dei piedi, accompagnato da quelle parole così enigmatiche? “Vi ho dato l’esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Cosa mai vorrà dirci? Immagino le facce dei discepoli piene di punti di domanda.
E noi oggi che rifacciamo tutti quei gesti come se niente fosse, come se fosse la normalità degli eventi. Ma è proprio così? Li comprendiamo veramente nel loro significato più profondo?
Chi di noi si farebbe lavare i piedi da qualcun altro o chi si metterebbe a lavare i piedi degli altri? Chi di noi starebbe volentieri seduto a tavola con qualcuno che certamente lo sta vendendo ad altri? Chi di noi con serenità spezzerebbe il proprio corpo per qualcuno che certamente lo abbandonerebbe nel momento del bisogno?
Questa è l’ultima cena di Gesù. Questi sono i misteri che oggi ricordiamo. Questi sono gli atteggiamenti che Gesù ci invita a ripetere: “Vi ho dato l’esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Quando in confessione non sappiamo cosa dire basterebbe per un attimo ripercorrere questi gesti del maestro per farsi un bell’esame di coscienza.
Il Signore Gesù sta seduto a mensa con noi che lo tradiamo, che lo vendiamo, che lo abbandoniamo nel momento del bisogno. Cosa rispondo al suo invito di imitarlo?
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