A caccia di profezie ... ma come l'asino e il bue!


Santa Messa di Natale
Is 9,3-6 ; Sal 95(96) ; Tt 2,13-14 ; Lc 2,1-14


Cari giovani, care famiglie e cari amici tutti, 
in questo giorno ci troviamo in chiesa per ricordare un evento che ha segnato la storia dell’umanità: la nascita del nostro Salvatore! 
Mi pare proprio di sentirli i vostri pensieri in questo momento: ecco le solite cose, retorica null’altro che retorica. E dove sono le prove di tutto questo? E cosa significa salvarci? Da che cosa? E dove la vediamo questa salvezza? Fantasie!
Avete ragione, l’ho fatto di proposito. E ciò che mi ha spinto ad iniziare in questo modo è stata proprio la profezia dei Maya che in tanti avete temuto.
L’allinearsi dei pianeti, la profezia di un antico popolo, una data particolare il 21.12.2012 (che poi non ho ancora da capire cosa ha di particolare!), hanno mandato in confusione parecchia gente, e anche tanti di voi che con un po’ di tremore la scorsa notte siete andati a letto aspettando non si sa bene cosa!
In fondo cosa è successo? Nulla! Mi chiedo come mai alle predizioni di catastrofi si abbocca con tanta semplicità mentre alle belle notizie non si lascia neppure aperto uno spiraglio nella porta.
Tutto questo succede ai giorni nostri, è successo nella storia degli uomini e lo abbiamo sentito anche nel Vangelo: “… non c’era posto per loro nell’albergo”. Quando una bella notizia ci bussa alla porta siamo sempre sul chi va là. È una cosa incredibile! Quante profezie ci sono nella Parola di Dio? Quante ne conoscete? 
Abbiamo sentito il profeta Isaia annunziare: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). Il profeta sta parlando degli uomini di tutta la storia, uomini che brancolano nel buio della paura, del male e della morte. Sta parlando di noi che abbocchiamo ad una profezia che ha dell’assurdo perché in fondo siamo legati alla vita e l’impatto con il niente che potrebbe seguire alla nostra morte ci incute terrore! 
La luce del Natale illumina le nostre esistenze. Lasciamola entrare nella nostra vita. Facciamo come i pastori che non hanno temuto di seguire la luce degli angeli, facciamo come i magi che non hanno avuto timore di seguire la luce dell’Astro (cfr. Mt 2,2) nascente!
La buona notizia che ci porta il Vangelo è proprio questa: dare senso alla nostra vita. E questo senso ci aiuta a guardare più in là dell’oggi, ci aiuta a far crescere dentro di noi il desiderio, il desiderio di vivere. 
Come possiamo fare per vedere questa luce? Come possiamo fare per accoglierla? 
Nella tradizione sono stati inseriti nel presepio due personaggi che nei Vangeli non compaiono: l’asino e il bue. Da dove escono? Perché sono diventati così importanti e direi essenziali? È una profezia ad aver influenzato questa scelta. La Parola di Dio per comprenderla va letta sempre alla luce della Parola di Dio stessa, e così si è visto che sempre il profeta Isaia profetava: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is 1,3). Ed il profeta Abacuc scrive: “In mezzo a due essere viventi […] tu sarai conosciuto; quando sarà venuto il tempo tu apparirai” (Ab 3,2). Sono parole, quelle di Abacuc, che fanno riferimento ai due cherubini d’oro che custodivano l’Arca dell’Alleanza, ma per noi oggi quelle parole assumono un significato tutto particolare. Mettendo insieme le due profezie e tenendo gli occhi sul nostro presepio non possiamo che interpretarle così: l’asino e il bue sono i due custodi della mangiatoia, ed in questa mangiatoia è custodita la nuova ed eterna alleanza: Gesù. 

E quale insegnamento viene a noi da tutto ciò? I due animali appaiono “come rappresentazione dell’umanità, di per sé priva di comprensione, che, davanti al Bambino, davanti all’umile comparsa di Dio nella stalla, arriva alla conoscenza e, nella povertà di tale nascita, riceve l’epifania che ora a tutti insegna a vedere” (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, p. 83). Ora sta ad ognuno di noi imparare a riconoscere quell’epifania, quella manifestazione. Ma come? Adottando gli stessi atteggiamenti di quei due simboli universali che troviamo nel presepio: il bue e l’asino. Ci insegnano “a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”. (Tt 2,12). Sono gli atteggiamenti che in questo Natale di Gesù ci sono suggeriti, sono gli atteggiamenti necessari per riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi. Il bue e l’asino l’hanno riconosciuto in una stalla, deposto in una mangiatoia, noi possiamo riconoscerlo negli occhi di coloro che ci stanno accanto ogni giorno, nel senzatetto che in incontriamo per strada o tra le righe di un giornale che parla di una vita salvata oltre l’oceano. Quando i nostri occhi si riempiono di commozione, quando le nostre parole non sanno come reagire, quando il mio cuore si contrae per Amore … lì c’è la manifestazione di Dio. 

Caro Gesù bambino, che nascendo in una grotta tra i pastori e le loro greggi hai voluto portare luce a coloro che vivevano nelle tenebre, illumina le nostre vite, fa che troviamo coraggio per affrontare le sfide quotidiane e aumenta la nostra povera fede. 
La tua presenza è gioia. 
La nostra quotidianità ha bisogno della tua gioia. 
Fa che ti possiamo incontrare, fa che ti possiamo accogliere e quindi conoscere. 
Ora che abbiamo superato l’angoscia e i dubbi per la “fine del mondo” insegnaci a vivere il mondo come portatori della tua luce di speranza, quella speranza che le profezie dell’Antico Testamento già da tempo insegnano, quella speranza che quel piccolo bambino deposto nella mangiatoia ci ha portato. 
Santo Natale a tutti

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