Gioia - Pace - Speranza
23 dicembre 2018
IV Domenica di Avvento – C
Mi 5,1-4a ; Sal 79(80) ; Eb
10,5-10 ; Lc 1,39-45
Siamo ormai agli sgoccioli, il
Natale ormai è alle porte. Questa 4 domenica di Avvento, Pasqua della
settimana, prosegue l’annuncio gioioso che settimana scorsa abbiamo già
contemplato.
Maria ha appena ricevuto l’annuncio
dell’angelo Gabriele, ha appena accolto nel suo grembo il suo creatore e corre
in fretta verso Elisabetta, anche lei al sesto mese nonostante la sua anzianità
e la sua sterilità. Due donne che vivono un’esperienza unica e misterica. Due
donne che ci dicono come Dio non abbandona mai il suo popolo. Due donne che
tengono viva la Speranza dell’umanità.
Elisabetta, segno vivo di un
Testamento ormai antico, non ha mai smesso di Sperare nella vicinanza di Dio,
non ha mai smesso di attendere il Messia portatore di Pace e di salvezza per il
popolo oppresso e disperso.
Maria segno vivo di un nuovo
Testamento che ormai inizia a delinearsi dentro di lei. Con lei e in lei le
nuove generazioni sono chiamate a rinnovare la Speranza in un mondo nuovo, fatto
di pace e di gioia.
La Speranza e la pace sono gli
auguri natalizi per tutte le genti. Quel bambino che Maria porta in grembo è
chiamato principe della Pace.
Ma quale pace? Sono passati 2000
anni e ancora nel mondo sperimentiamo violenza, cattiveria e ogni sorta di
oppressioni! La pace non è l’assenza di tutte queste oscenità ma è uno stile con
cui vivere la propria esistenza.
Guardiamo Maria. Non ha detto nulla
eppure Elisabetta la riconosce come la “madre
del mio Signore”; Giovanni “sussultò
di gioia” nel grembo della madre.
Sono convinto che il segreto
della Pace sia proprio in questa gioia che nasce dalle viscere più profonde
dell’uomo per proiettarsi sul volto ed essere trasmessa con lo sguardo.
Noi cristiani nel mondo dovremmo
essere portatori di questa gioia.
Ogni domenica facciamo entrare la
Parola dentro di noi, proprio come Maria, ma che fine fa poi questa Parola? In
Maria ha trovato uno spazio accogliente nel quale potersi fermare e crescere e in
noi?
Ogni domenica assumiamo il corpo
di Cristo nel pane eucaristico e lo facciamo così diventare parte di noi, ma
chi ci incontra se ne accorge?
Ho spesso l’impressione che noi
cristiani viviamo con i musi lunghi perché i tempi delle grandi folle ormai non
ci sono più, perché le nuove generazioni non pregano più, perché non vanno più
in chiesa, perché …
E se queste nuove generazioni,
come Maria ci stessero dicendo che è giunto il momento di passare ad un nuovo modo
di testimoniare la fede?
Maria, portatrice di qualcosa di
nuovo torna da Elisabetta per trovare le radice di quel compimento che in lei
si sta realizzando; Elisabetta dal canto suo avrebbe potuto lamentarsi con
Maria perché “cosa mai di buono può
venire da Nazareth”, invece la accoglie con gioia. Quando le nuove
generazioni tentano di dirci la loro fede, il loro nuovo modo di sperimentare l’Amore
verso Dio e verso il prossimo, come li accogliamo? Quale fiducia mettiamo nelle
loro mani?
Un buon corridore, se vuole
arrivare alla mèta nel miglior tempo non toglie mai lo sguardo dal traguardo, il
nostro sguardo di credenti è rivolto verso il futuro promesso o verso un
passato che rimpiangiamo e che non ci lascia camminare in avanti?
Signore Gesù, tu bussi alle porte
dell’umanità per spalancare ad ogni uomo i portoni del paradiso. Aiutaci a vivere
le nostre giornate con lo sguardo rivolto alla méta eterna, aiutaci a non
perdere mai la Speranza che l’ultima parola non è quella del mondo ma la tua
parola di vita.
Fa che i nostri sguardi siano
sguardi di Consolazione, di Pace e di Speranza.
Le giovani generazioni si sentano
ascoltate, affiancate e possano sperimentare tutta la nostra fiducia.
Amen.
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