Due logiche a confronto: dare VS avere

 

4 ottobre 2020

XXVII domenica TO – A

Is 5,1-7 ; Sal 79(80) ; Fil 4,6-9 ; Mt 21,33-43

 


 In questa 27 domenica del Tempo Ordinario, Pasqua della settimana, mi sono lasciato trasportare dalla grande distanza che il vangelo fa emergere tra gli atteggiamenti del padrone della vigna (che poi è l’immagine di Dio) e i contadini a cui è stata affidata la coltivazione (che poi siamo noi uomini).

Anzitutto questo Padrone si fida dei suoi operai; affida loro tutto il lavoro certo che faranno in modo che la vite produca ottimi e abbondanti frutti.

Poi ci sono questi operai che, dopo aver svolto il loro lavoro iniziano a pensare che tutto quello che è loro affidato possa diventare loro possesso.

Da una parte, dunque, la logica del dono, dall’altra quella del possesso!

Ma non finisce qui perché quando arriva il momento della raccolta il padrone manda alcuni servi per ritirare i frutti ma quei contadini li bastonano e li uccidono e il padrone ne manda altri che faranno la stessa fine e poi ancora altri e di nuovo lo stesso trattamento ed infine manda il suo unico figlio e … la stessa fine. Se fossi stato io probabilmente, dopo il primo tentativo, avrei mandato un esercito per far fuori quei contadini e riconquistare il mio terreno, ma questo padrone ragiona diversamente.

Di nuovo la logica del dono e dall’altra la logica del possesso.

Dio è sempre un passo davanti a noi, è sempre disposto ad aprire la sua mano per aiutarci ad aprire gli occhi. Il valore di questa vigna è certamente inestimabile ma il valore di lavorare per un padrone così non si può stimare.

Ciò che ci frega, come uomini, è la troppa libertà che Dio ci concede eppure questa libertà è l’unico modo che Dio ha per dimostrarci tutta la sua fiducia nei nostri confronti. Dio quotidianamente ci mette tra le mani le cose più preziose che abbiamo: la nostra vita, la vita delle persone a noi care, il mondo, la storia dell’umanità …

Per noi invece sono questioni talmente ordinarie che non riusciamo neppure a valorizzarle. In certi momenti addirittura rischiamo di banalizzarle.

Alla banalizzazione ci arriviamo quando le riteniamo un possesso personale, quando riteniamo inutile la condivisione di queste questioni con altri: la mia vita; i miei figli; la mia storia; il mio giardino/mondo … ma ci dimentichiamo che così facendo togliamo agli altri la possibilità di arricchire la nostra esperienza e la loro.

C’è poi un altro punto delle letture che mi ha interrogato: “Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica”.

Verrebbe da dire a Paolo: ma come puoi farla così facile?! Non è una passeggiata quello che Gesù ci sta chiedendo. Eppure, c’è una piccola parolina nel testo di Paolo che fa la differenza: “… in me.” Non dice “che avete veduto ascoltato … in Gesù” ma dice “… in me”. Significa che le sue non sono solo parole ma la sua testimonianza arriva dalla vita concreta. Se Paolo è riuscito a mettere in pratica tutti questi insegnamenti allora anche io posso sforzarmi per tentare di camminare giorno dopo giorno in quella direzione.

Signore Gesù aiutami ad aprire le mie mani per offrire quanto tu mi hai donato ai mei fratelli.

Spirito Santo apri i miei occhi affinché io possa scorgere la preziosità delle tante cose ricevute in affidamento dal Padre e dalla mia bocca possano uscire preghiere, suppliche ma soprattutto ringraziamenti.

Amen

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